Giuseppe Mazzini
Le iniziative del Centro di Ricerche Storiche D'Ambra. Nel pensiero e nell’azione di Mazzini le origini dell’Italia. Un folto pubblico ha festeggiato il bicentenario della nascita di uno dei padri dell’Italia unita il 22 giugno scorso.. Esplorate le varie sfaccettature della figura e dell’opera di Mazzini, si è svolto un appassionato dibattito. A creare la giusta atmosfera fin dall’inizio della serata dedicata dal Centro di Ricerche Storiche d’Ambra al bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, è stato l’inno di Mameli.
Interpretato dal cantante Gaetano Maschio, accompagnato al pianoforte dal maestro Peppino Iacono, ha trascinato tutto il folto uditorio in un coro appassionato. Poi lo studente Massimo Colella ha letto la formula del giuramento per l’adesione alla “Giovine Italia”, fondata da Mazzini nel 1831. Ad introdurre il giro degli interventi programmati è stato il padrone di casa, lo storico Nino d’Ambra, che ha accennato a vari temi mazziniani e principalmente ai suoi studi e alle sue predilezioni intellettuali ed artistiche, dell’attualità del pensiero del Mazzini che può essere sintetizzato, ha detto l’avv. d’Ambra, nell’essere stato europeista, repubblicano e rivoluzionario riformista (più attuale di così!). Poi d’Ambra ha parlato più diffusamente dei seguaci che Mazzini ha avuto nell’Isola d’Ischia nell’Ottocento, come gli iscritti alla II Giovine Italia fra cui, il medico condotto di Forio dr. Matteo Verde e Tommaso Cigliano, noto professore di omeopatia. E del convegno definito allora sovversivo, tenuto a Forio il 19 marzo 1897 dal titolo “Giuseppe Mazzini e Carlo Marx”, mostrando l’originale dell’epoca (vedi foto) della relazione dell’organizzatore, il giovane studente universitario Domenico d’Ambra, pubblicata dalla tipografia Granito di Pozzuoli. Indi la parola è passata ai componenti della “tavola rotonda”, che sono stati seguiti con grande attenzione dal numerosissimo pubblico presente.
L’ITALIA DI MAZZINI
Aprendo la discussone l’ing. Pino Di Meglio, repubblicano e mazziniano da oltre 30 anni, ha posto l’accento sulla precoce intelligenza politica di Mazzini, che nel 1821 – a sedici anni – aveva già ben chiaro il disegno strategico per arrivare all’unità d’Italia. Perseguì quel disegno per tutta la vita e non fu uno sconfitto perché ebbe la fortuna di vivere abbastanza per vedere l’Italia Unita (1861), la presa di Venezia (1866) e la presa di Roma (1872). Tuttavia morì (1872) da clandestino a Pisa e molti italiani poterono incontrarlo solo nel giorno del suo straordinario funerale. L’Italia che Mazzini volle – ha rimarcato di Meglio – non è quella che è poi stata, che ha conosciuto oligarchie, dispotismi, dittature e guerre ed è giunta alla democrazia e alla repubblica solo dopo altri 85 anni. Ancora oggi l’Italia di Mazzini non è fatta, ma è avvilita dalla disparità territoriale e dalla mafia. Oggi c’è ancora molto da fare nella scia del sogno mazziniano, c’è da costruire la Federazione degli Stati democratici europei, e – ha aggiunto Pino Di Meglio – dobbiamo sperare in Blair e appoggiare la sua politica. Dal canto suo, il prof. Mario Sironi ha puntualizzato fin dall’inizio:” Non è mia intenzione “relazionare in merito al significato del pensiero e dell’azione di Mazzini nel Risorgimento italiano “ma piuttosto riannodare i fili, a volte nascosti, della sua presenza nel corso della storia nazionale. “La presenza politica, culturale e sociale delle idee mazziniane e delle organizzazioni che ad esso “hanno fatto, direttamente e indirettamente, riferimento è certo la storia di una minoranza che ha “avuto una presenza significativa”. In particolare, Sironi ha ricordato il peso avuto dalle società mazziniane di mutuo soccorso operaio nella prima fase di costruzione del movimento socialista e della presenza repubblicana nel mondo delle cooperative. Inoltre, per Sironi la nostra storia nazionale è attraversata da questa corrente di pensiero politico sia pure minoritaria, ma che ha costruito una riserva di valori, di energie individuali e collettive a cui, in momenti tragici della nostra storia, ilo paese ha guardato e su cui ha confidato. Basta ricordare il significato della presenza degli uomini del Partito d’Azione, organizzazione con chiari ed espliciti riferimenti alla tradizione mazziniana, sia durante la lotta anti-fascista e contro l’invasore nazista sia durante i primi anni della ricostruzione post-bellica. Basti qui il nome di Ferruccio Parri Nella stessa Assemblea Costituente che ha redatto la nostra costituzione erano chiari e forti i riferimenti al pensiero mazziniano, con addirittura un paragone con la Costituzione della Repubblica Romana del 1849. Sironi ha voluto ricordare la figura di Piero Calamandrei, per aggiungere:” La tradizione “repubblicana e mazziniana è stata una riserva per la nostra Repubblica in anni anche più recenti “– ha concluso il relatore – “ ed oggi possiamo dire che un figlio ed erede di questa tradizione svolge “la più alta funzione istituzionale: il nostro Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciompi è, “senza alcun dubbio, il più importante rappresentante di quella tradizione repubblicana e “mazziniana che ho provato a tratteggiare”.
ALLE RADICI DELL’EUROPA UNITA
Del rapporto tra Mazzini e l’Europa ha trattato nel suo intervento la professoressa Lina D’Onofrio, che ha messo in evidenza come la forza e la contemporaneità di Mazzini sono nel pensiero, che al suo tempo appariva utopico, di un’Italia repubblicana, mentre si affermava il realismo di Cavour, e un’Europa democratica e liberale. Si sente dire da più parti, oggi, che c’è bisogno di utopia;i governanti europei si fanno guidare dall’economia del presente e dagli interessi precostituiti, l’egoismo dei singoli stati impedisce l’affermarsi si istituzioni politiche che difendano un’organizzazione democratica sopranazionale. “Mazzini, figlio del suo tempo” – ha detto D’Onofrio –“va oltre, è uno degli anelli della storia umana, giunta a noi e che abbiamo la “responsabilità di continuare nei valori indicati. Esaltando la patria, la nazione, cerchio in cui si “inscriveva la famiglia, non rilevava contraddizione tra patria e umanità. La patria era subordinata “al concetto di umanità, i popoli, visti come il ponte di passaggio tra l’individuo e l’umanità, “devono realizzarsi come associazioni di uomini in cui regni la libertà, l’uguaglianza, la giustizia. “Per questo, per Mazzini, il principio della vita morale e politica è il popolo, e il suo destino non è “predeterminato e fatale, ma si compie nella coscienza dei cittadini”. E l’interesse comune di pace e prosperità ha come luogo politico e culturale proprio l’Europa, come un secolo dopo, i grandi europeisti europei, Spinelli e Rossi, sosterranno nel “Manifesto di Ventotene”.
IL PENSATORE E IL LETTERATO
Il professor Aniello Penza ha affermato che “è difficile definire il pensiero religioso di Mazzini, perché tutta la sua filosofia non è disgiunta dalla spinta all’azione (Pensiero ed Azione). Educato dalla madre Maria Drago, ad una religiosità cristiana molto rigorosa, quasi giansenistica, il Mazzini oscilla tra la fede cristiana e un vago e indefinito misticismo. Ritiene superato il precetto cristiano fondato sull’amore di Dio e del prossimo e interpreta il servizio al prossimo come spinta all’associazione dei popoli, nella quale ritiene essere il destino dell’umanità. Questa spinta non va prodotta con interventi esterni e tanto meno con forme coercitive, ma è il risultato di un’opera educativa e quindi è un moto interiore in direzione dell’unità di tutti gli uomini”. Quando i popoli si sono convinti che la volontà di Dio è la loro integrazione libera e spontanea, allora la legge di Dio può essere completamente realizzata (Dio e Popolo). Secondo il grande Genovese i popoli per volontà di Dio, hanno una missione da compiere nel senso dell’unità. Il popolo italiano a questa missione è chiamato in modo speciale. Già due volte infatti è stato promotore dell’unificazione dei popoli, con l’Impero Romano e con il Cristianesimo. Lo aspetta la stessa missione nell’era moderna. Il professor Pasquale Balestriere ha detto: “ Quello del Mazzini letterato è un aspetto secondario della sua personalità, soprattutto se andiamo considerare che, degli oltre cento volumi dell’opera omnia mazziniana, solo sei sono dedicati alla letteratura. Il periodo più interessante della sua produzione letteraria si colloca negli anni ’26-’31 ed è legato alle collaborazioni con l’Indicatore Genovese, con l’ Indicatore Livornese e con l’Antologia di Firenze, sui quali vennero pubblicati articoli e saggi di notevole interesse, riguardanti soprattutto aspetti e problemi, non solo letterari, della sua epoca. Tra questi ricordiamo La Battaglia di Benevento (1828); Del Romanzo in generale e anche dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1828); D’una letteratura europea (1829); Del dramma storico (1830/31). Ma l’attività letteraria del Mazzini continuò per tutta la vita, anche se non con la stessa intensità. Meritano di essere menzionate i Ricordi dei fratelli Bandiera; la Commemorazione di Goffredo Mameli; La Divina Commedia illustrata da Ugo Foscolo e curata da “un” italiano, Londra 1842/43; Degli scritti politici di Foscolo, 1844; Note autobiografiche 1861/66”. L’arte e la letteratura non dovevano secondo il Mazzini, essere fine a se stesse ma risultare funzionali all’innalzamento spirituale dell’uomo attraverso un “ sacerdozio di educazione”. Il “mistero dell’arte” consiste nel trasmutare l’uomo “ di contemplatore in apostolo……..missione speciale dell’arte è spronare gli uomini a tradurre il pensiero in azione”. E l’azione che al Mazzini interessava riguardava innanzitutto il futuro dell’Italia, che doveva diventare, come è noto, una, libera, indipendente, repubblicana. Eppure nessuno sospetterebbe che il Mazzini pensatore politico, agitatore, giornalista, cospiratore, ideologo, apostolo amasse a tal punto le lettere da volervisi dedicare a tempo pieno e per tutta la vita: “Rinunziare alla vita delle lettere… fu il primo grande mio sagrifizio… la tendenza della mia vita era tutt’altra che non quella alla quale mi costrinsero i tempi e la vergogna della mia abiezione”. Ad intervenire sugli aspetti del pensiero sociale dell’Apostolo delle genti, incentrato sull’etica del dovere, è stato il dottor Rosario de Laurentiis , che ha ricordato inoltre la sua influenza determinante sulla “Prima Internazionale” e le differenze con il pensiero marxista, che prevedeva la proprietà statale di tutti i mezzi di produzione (“ma quest’uguaglianza imposta a tutti non vi sembra una vita da castori?” si chiedeva Mazzini, che oppugnava invece cooperative operaie – capitale e lavoro nelle stesse mani – ed esortava i suoi seguaci a promuovere scuole serali e biblioteche popolari). Citando il caso del giovane praghese che nel 1969 si diede fuoco per protestare contro l’invasione russa, de Laurentiis ha ricordato come gli sfortunati ed eroici sacrifici dei mazziniani italiani, ma anche polacchi, ungheresi, boemi etc., avevano tenuto viva la fiaccola dell’ideale della libertà dei popoli. I repubblicani parteciparono ai vari moti risorgimentali, alle guerre di indipendenza dei popoli del Mediterraneo, alla difesa della Francia nel 1872 e 1914, alla liberazione di Trento e Trieste, alla guerra di Spagna (il deputato Mario Angeloni, segretario del partito, morì combattendo per la difesa di Madrid) ed infine alla guerra partigiana con Giustizia e Libertà e con la brigata Mameli. Dopo gli interventi, la consueta interruzione. Ne è seguito un vivace dibattito, a volte anche acceso, a cui hanno preso parte fra gli altri, Rosa Genovino, Peppino Colucci, Vittorio Esposito, alle cui domande hanno esaurientemente risposto i relatori . Anche se non tutti si sono trovati sulla stessa sintonia…politica.
(Quotidiano “Il Golfo” del 1 luglio 2005, pagg. 27 e 28)
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