Italia: Breve storia del reggiseno
Odiato dalle femministe, che ne propugnavano l’abolizione e ne facevano pubblici roghi nelle piazze, la storia del moderno reggiseno è poco più che bicentenaria: dai corsetti civettuoli di inizio Ottocento, come quello esibito dalla leziosa signora immortalata nella litografia di Achille Deveria (fig. 1), fatto su misura e studiato sulle curve della proprietaria, alla produzione in serie, con taglie standard, che a metà del XIX secolo inaugura l’industria della confezione, anche se l’inventrice del primo reggiseno viene generalmente considerata, anche se erroneamente, la signora Mary Jacobs, un’eccentrica americana, che dovendo fare colpo su un miliardario, nel 1914, pensò di indossare un abito trasparente e, per coprire parzialmente le sue grazie, chiuse insieme due fazzoletti con del nastro.
Ma la storia dell’indumento come idea è molto più antica e possiamo collocarla in epoca greca, con l’apodesmo, un rudimentale contenitore delle mammelle adoperato dalle atlete durante le prove sportive, che si trasforma nel mammillare etrusco romano, una fascia che serve a comprimere il petto alle donne più prosperose. Poi lentamente la funzione di sostegno fu superata dal desiderio civettuolo delle cortigiane di utilizzare un indumento di provocante seduzione e di questi gusti e tendenze è ricco di particolari il celebre poeta Marziale, che parla dello strophium come una” trappola a cui nessun uomo può sfuggire, esca che riaccende di continuo l’amorosa fiamma”. Nel XIII secolo va di moda il pelicon, un corpetto potenziato da una fodera di pelliccia, che scandalizza bacchettoni e benpensanti, tra cui lo stesso Dante, che tuona il suo sdegno con i versi immortali:” le sfacciate donne fiorentine che va mostrando con poppe il petto”. E’ dal Seicento che cominciano a diffondersi i primi corsetti, che incontreranno il gusto delle signore dell’alta società due secoli più tardi. Simili a corazze, si tratta di veri e propri strumenti di tortura, più che di contenzione, fabbricati con stecche di balena donano un vitino sottile e seni alti e prorompenti, ma danno luogo spesso a gravi malformazioni ossee. Mercurio Scipione nel suo manuale di Ostetricia e puericultura, stampato a Venezia nel 1595, descrive una fascia mamillaris o pectoralis, un sostegno delle mammelle adatto soprattutto alle nutrici, che rappresenta un prototipo abbastanza fedele del reggiseno creato nel XX secolo, sia per la foggia delle coppe, sia per il sistema di sospensione dell’indumento in alto, intorno al collo. Già nel Medioevo erano state ideate ingegnose apparecchiature per sostenere, correggere ed accentuare le curve delle signore, come apprendiamo sfogliando le numerose tavole a corredo di un testo di fine Ottocento:
“Le corset a travers les ages”, dove possiamo ammirare un vero apparecchio di tortura, un corsetto in ferro (fig.2), conservato al museo Carnavalet di Parigi. Per secoli si erano adoperate delle fasce per sostenere il busto femminile, fino a quando compaiono dei corpetti con funzioni, non solo di sostegno, ma anche decorative. Nella loro confezione vengono adoperate stoffe rigide, ma non di rado trovano utilizzazione anche lamine metalliche che danno luogo a scoraggianti armature. Sono anni poco felici per il corpo delle donne che viene deformato dalle mode, che impongono assurdi canoni anatomici, dal vitino da vespa al sedere da struzzo, dai fianchi da pachiderma, resi celebri dagli immortali dipinti del Velazquez, ai torace da mucca; per cui imperversano corpetti con stecche di balena e busti di ferro, guaine di gomma e spalline di vimini, crinoline di legno, mentre, fortunatamente, scollature vertiginose, che precorrono il topless, possiamo ammirarle nella godereccia Venezia dei mercanti e nelle operose terre delle Fiandre. Sul finir dell’Ottocento, dopo l’avvento della produzione in serie, un decisivo progresso è costituito dall’adozione di materiali sintetici dotati di notevole elasticità. Nel 1889 vengono realizzati i primi reggiseno in rayon, un materiale duttile e dotato di riflessi brillanti. La lingeria femminile entra nella modernità. Del 1969 è il primo push up, un vero e proprio air bag ante litteram, prima del quale i reggiseno erano semplicemente goffi strumenti di contenzione, un po’ mortificanti e, per le più dotate, rigidi quanto pesanti imbrigliatori, che raccoglievano, distrattamente, senza erotismo e civetteria, il surplus di massa ghiandolare. La vera rivoluzione, negli anni Novanta, è l’introduzione sul mercato di un nuovo reggiseno il Wonderbra (fig. 3), che sbanca il mercato negli Stati Uniti, mentre in Europa se ne vendono in pochi mesi 10 milioni di pezzi, grazie alla molteplicità dei modelli, ma soprattutto grazie alle grazie di Eva Herzigova, una bomba sexy di conturbante bellezza, Seguiranno come testimonial altre bellezze dell’Est, da Adriana Sklenarikova, dalle interminabili gambe (un metro e ventisette centimetri) (fig. 4) a Tatiana Zavialova. La battaglia tra le case specializzate diventa un business miliardario e prosegue senza sosta, tra America, Europa e Cina. Esse promettono forme giunoniche ed un seno prosperoso e rubicondo a tutte, anche se si tratta di un abile trucco. Nel 2000 esce un nuovo reggiseno che promette faville, il Nothing but curves, che trova diffusione per merito di Julia Roberts, un’attrice tanto brava quanto notoriamente piallata, che viceversa in alcune inquadrature maliziose del film Eric Brockovich fa gridare al miracolo. Anche l’Italia farà sentire la sua voce sul mercato con un reggiseno ultratecnologico della Parah, basato non più sul silicone o sull’olio, bensì sull’aria, a tal punto da pesare solo 55 grammi. Per il battesimo del nuovo prodigio tecnologico, una bellezza nostrana, dalle curve al punto giusto: Nathalie Caldonazzo, che mostra con raffinata seduzione il nuovo acquisto ad alta quota, a bordo di un Boeing 777 della nostra compagnia di bandiera. La guerra continua, ingegneri e stilisti, esperti di stoffe e tecnici dei materiali elastici sono al lavoro per creare nuovi e più aggressivi prodotti. Eliminati rivestimenti, lacci e cuscinetti, ferri ed alette, imbottiture e spalline, si punta oggi su modelli al tempo stesso più semplici e più sensuali. Trasparenti o coprenti, in tulle o in pizzo, i reggiseno sono divenuti un costoso oggetto del desiderio, un’arma impropria per sedurre delle donne che vogliono indossarlo orgogliose per degli uomini che ambiscono a sfilarli vogliosi. L’ultima frontiera è costituita dai reggiseno accessoriati dai prodigi della tecnologia, dal modello inglese ripieno di whisky, con tanto di cannuccia per offrire un sorso ad un maschio in difficoltà, al reggiseno anti stupro, con un chip in grado di registrare l’accellerazione del battito cardiaco dovuto alla paura e di lanciare l’allarme con un sibilo acuto e vigoroso; senza dimenticare una creazione australiana dotata di delicati sensori in grado di espandersi e contrarsi a secondo delle necessità ed infine, per le fanatiche del sesso sicuro, il taschino accessorio porta preservativo. Tra le trasgressioni, oltre a piume, metalli o pellicce, un grande successo hanno incontrato i reggiseno al sapore, ricercatissimi quelli al gusto di cioccolato al latte, da assaporare, leccare e mangiare con vorace libidine. L’ultima tendenza, per conquistare nuove fette di mercato e, nello stesso tempo, assecondare il desiderio delle donne di ostentare, è costituita dalla trasformazione del reggiseno da lingerie a look da sera, da accessorio celato e falsamente pudico da svelare solo all’occhio giusto a feticcio da esibire in pubblico; è il trionfo di strass, perline, bagliori, trasparenze, applicazioni e rifiniture vistose, da capo di abbigliamento intimo a strumento di provocazione e di fascino. L’intimo griffato promette di trasformarsi in un vero Eldorado per le case di moda che, alle ultime sfilate, hanno presentato modelli a metà strada tra la camera da letto e la serata di gala. Sarà un vero peccato disfarsi, nel momento della verità, di una lingeria così preziosa. Grazie a queste ingegnose creazioni una ventata di eguaglianza tra più e meno dotate si è venuta a creare tra i decolletè del gentil sesso, complice anche il massiccio ricorso alla mastoplastica additiva, che ha prodotto legioni di seni tutti uguali, ma senza anima. Oggi l’industria sta inasprendo la battaglia di conquista di quel ampio territorio senza confini costituito dall’insicurezza delle donne. Promette loro bellezza, giovinezza eterna, sesso, amore, felicità, fortuna e carriera, basta scegliere il reggiseno all’ultima moda; in cambio, oltre al denaro, chiede di annullare la verità del loro corpo e quindi di omologarsi in un universo uguale per tutte, in un prodotto massificato e triste come fu un tempo la giacca di Mao per i cinesi e per i falsi intellettuali di tutto il mondo.
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