Italia: L'Oratorio del Gonfalone, ed. Associazione Amici del Gonfalone, Roma 2010, L'Oratorio del Gonfalone, ovvero la 'Cappella Sistina della Controriforma'
Sono numerose le iniziative editoriali a carattere artistico che si susseguono a ridosso delle festività di fine anno, spesso col precipuo scopo di attirare l'attenzione di potenziali turisti e visitatori esaltando le bellezze e le peculiarità di una località piuttosto che un'altra; ci sono pubblicazioni poi che, al di là di ciò, hanno il merito di proporre al lettore veri e propri gioielli di arte e di architettura troppo spesso ignorati tanto dagli editori, quanto dalle agenzie turistiche, magari perchè, come nel nostro caso, di difficile fruizione.
Basti pensare a quanti luoghi di eccezionale interesse artistico, eppure misconosciuti, esistono per esempio a Roma, Napoli, Firenze, Venezia, solo per citare le città d'arte più visitate. A maggior ragione, dunque, occorre rimarcare e segnalare una pubblicazione, quando questa è dedicata ad uno di questo posti tanto eccezionale quanto ignoto ai più, se si eccettuano gli addetti ai lavori: è il caso del volume di Rita Randolfi, L'Oratorio del Gonfalone, da poco licenziato dalle Edizioni a cura della Associazione Amici del Gonfalone (Roma, dicembre 2010) (fig. 1) L'autrice, preparata ed apprezzata storica dell'arte, formatasi alla feconda scuola di Maurizio Calvesi, già nota per le sue poderose ricerche su chiese e ville romane, introduce il lettore in uno dei posti certamente più affascinanti -tra quelli malamente considerati 'minori' e malauguratamente trascurati- della capitale, oggi conosciuto soprattutto per le iniziative musicali a carattere concertistico che l'Associazione Amici del Gonfalone programma da anni con il Coro Polifonico Romano 'Gastone Tosato'. Questo volume è l'esempio perfettamente riuscito di come un testo divulgativo, peraltro corredato da immagini splendide, possa altresì misurarsi con tematiche artistiche di rilievo, in grado di far presa anche sui non specialisti. Né potrebbe essere altrimenti, dal momento che l'autrice propone, con una prosa tanto piana e scorrevole quanto ricca ed attenta, un itinerario che ha un fascino speciale, in un edificio che risale alla metà del Cinquecento e che presenta un ciclo di affreschi fondamentali per la storia dell'arte, iconograficamente ispirati ai moderni valori etici della pittura controriformata che segnerà la cultura artistica dell'intera Europa per i successivi due secoli. Si tratta dell'Oratorio del Gonfalone, posto in una traversa di via Giulia, la via voluta da Papa Giulio II della Rovere, che corre parallela al Tevere, in una delle zone centrali più ricche di storia di Roma. A tutt'oggi non è dato conoscere con certezza il nome dell'architetto che sovrintese alla realizzazione dell'opera, specie dopo l'incendio che nel 1555 distrusse parte dell'edificio che venne però riedificato nel giro di un paio d'anni, e tuttavia, come chiarisce la Randolfi parlando della facciata “lo stile si uniforma, semplificandoli, ai modelli cinquecenteschi del Vignola e di Giacomo della Porta”, su cui intervenne, più tardi, intorno alla metà del Seicento, il ticinese Domenico Castelli con l'Attico a lunettone tra due volute (fig 2). Ma quello che è veramente rimarcabile come esempio di capolavoro dell'arte pittorica tipica della 'maniera' controriformata è senza dubbio il ciclo di affreschi che orna completamente le pareti dell' Oratorio e che raffigura, in dodici atti, l'intero svolgimento della Passione di Cristo, dall'Entrata in Gerusalemme, all'Ultima Cena, all'Orazione nell'orto degli ulivi, via via fino all'Ecce Homo, alla Crocifissione ed infine alla Resurrezione. L'autrice ne parla diffusamente ricostruendo in modo preciso e competente l'intero 'programma iconografico' e il succedersi degli interventi degli artisti maggiormente attivi in quegli anni, nonché maggiormente richiesti dalle varie committenze; a cominciare dal parmense Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja, che iniziò la decorazione già dal suo arrivo a Roma, nel 1568. Non sono chiari i motivi che spinsero i confratelli a scegliere l'ancora poco noto artista emiliano, probabilmente imposto -come suggerisce la Randolfi- dal cardinale Alessandro Farnese, allora protettore dell'Oratorio, che già lo aveva apprezzato quale decoratore delle dimore parmensi di suo fratello Ottavio, ma che lo dirottò presto a lavorare, insieme ad alcuni degli esponenti più in vista del mondo artistico del tempo, in quell'autentico capolavoro del Rinascimento che è il Palazzo Farnese a Caprarola. L'allontanamento del Bertoja (che ritornò all'Oratorio qualche tempo dopo) comportò l'avvicendarsi di artisti tra i più rinomati e raffinati, come Livio Agresti, autore tra l'altro di un eccezionale Salita al Calavario (fig 3), Raffaellino Motta, detto da Reggio, Cesare Nebbia, Marco Pino, Marcantonio dal Forno, Matteo da Lecce e Federico Zuccari, che decorò la parete destra per conto dei Mattei, una famiglia nobiliare tra le più in vista del tempo, con una notevole Flagellazione (fig 4) considerata unanimemente un vero esempio di arte riformata. Come sottolinea la Randolfi “la presenza di così tanti personaggi determinò una pluralità linguistica ed espressiva evidente nelle singole scene al di là di un programma comune, probabilmente deciso collegialmente”. L'autrice ripercorre con competenza e completezza di argomenti le varie fasi dei lavori con i rispettivi protagonisti, chiarendo tra l'altro, e non è l'aspetto meno significativo della pubblicazione, aspetti ancora fino a ieri discussi dell'opera, che riguardano il Cristo davanti a Pilato di Raffaellino da Reggio, o gli interventi di Marcantonio dal Forno e Matteo da Lecce. La studiosa, poi, non tralascia di indirizzare il lettore verso una lettura iconografica del ciclo che ci appare del tutto corretta :”Il ciclo del Gonfalone è sempre stato letto in chiave controriformista. Molti storici dell'arte hanno infatti definito l'Oratorio la 'Cappella Sistina della Controriforma' sia per il tema scelto per la decorazione, in continuo dialogo con le Sacre Scritture, che per lo stile semplice e didascalico utilizzato dagli artisti. Le colonne tortili che separano le singole scene, citazione di quelle che scandivano l'interno del tempio di Salomone, costituiscono una chiave di lettura dell'insieme: la Chiesa di Roma, trionfatrice sulla riforma protestante, si presenta come una nuova Gerusalemme. La pittura diventa catarsi e strumento pedagogico per educare i fedeli più velocemente ed in maniera efficace ad uniformarsi ai nuovi principi stabiliti dal Concilio di Trento”. E non solo, anche la scelta di porre Sibille e Profeti al di sopra delle scene cristologiche, invece dei tradizionali putti “scaturì dalla volontà di sottolineare la continuità tra vecchio e Nuovo Testamento” (fig. 5). Il volume di Rita Randolfi, insomma, ha il merito di portare, finalmente in modo esaustivo e confacente, l'attenzione su un edificio, l'Oratorio del Gonfalone, che rappresenta la testimonianza visiva dei livelli raggiunti dall'arte della decorazione ed in genere della pittura a Roma, prima delle riforme e delle trasformazioni operate sul finire del secolo da Annibale Carracci in Palazzo Farnese e prima della rivoluzione caravaggesca. Ma l'Oratorio è anche altro, come scrive nella prefazione il Segretario dell'Associazione, Emilio Acerna, esso “come sede della più antica e tra le più note arciconfraternite -aperta ad ambo i sessi e a tutte le classi sociali- è per gli studiosi di storia dell'arte ma non solo, un interessante spaccato della vita sociale e religiosa dell'epoca”. Ecco, come conclusione vorremmo auspicare che la locuzione posta tra le lineette si realizzasse senza gli impedimenti e le remore che talvolta ne sviliscono il senso.
Pietro di Loreto
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