Italia: Luci ed ombre su Caravaggio
Nel Quattrocentenario della morte si segnalano due importanti pubblicazioni si segnalano per la loro autorevolezza, ma vari misteri restano da chiarire. Se dovessimo dire cosa sta meglio caratterizzando la ricorrenza dei quattrocento anni della morte di Michelangelo Merisi da Caravaggio, tra le tante (troppe ?) iniziative, grandi e piccole, che si sono svolte o sono in programma più o meno da un capo all'altro della penisola, certamente proporremmo due eventi editoriali che quanto meno prospettano acquisizioni ragguardevoli nel campo della ricerca e nell'approfondimento delle vicende artistiche ed umane del rivoluzionario Pictor Praestantissimus.
Ma prima di entrare nello specifico, occorre sottolineare come avessimo già a suo tempo illustrato, con l'amico Achille della Ragione -ottenendo peraltro, vale rimarcarlo, un ampio riscontro tanto favorevole quanto forse inaspettato, da studiosi ed esperti autorevolissimi- il rischio di surmenage che si correva affaticando, per così dire, critici e spettatori con eventi sì di grosso richiamo (vedi la mostra alle Scuderie del Quirinale o l'altra di palazzo Pitti) ma che in realtà hanno piuttosto proposto problemi anziché risolverli; insomma, il pericolo di una 'sindrome' da Caravaggio, che veniva segnalato nell'articolo pubblicato da Scena Illustrata e ripreso poi anche da altre riviste e siti web, aveva ottenuto numerosi riconoscimenti: la prova che evidentemente si era colto nel segno. Va detto subito che un 'pericolo' tale non sarà certamente amplificato dai libri che ci accingiamo a presentare, al contrario: l'attenzione e la cura degli autori, l'autorevolezza e il prestigio dei curatori, e, non ultimo, l'esperienza e il credito degli editori, garantiscono scientificità ed efficacia a molti dei contributi pubblicati, tanto che, pur considerando che sul tema ancora rimangono lati che devono essere chiariti, possiamo ritenere i due volumi dei punti fermi, essenziali ad ogni studioso e ad ogni appassionato alle vicende della vita e dell'opera del geniale artista lombardo Iniziamo dal libro Michelangelo Merisi da Caravaggio. Documenti Fonti e Inventari 1513-1875, (fig.1) da poco licenziato da Stefania Macioce, per la Ugo Bozzi Editore (Roma 2010). Si tratta della II Edizione corretta, integrata e aggiornata del volume pubblicato dalla stessa benemerita casa editrice romana nel 2003, sempre a cura della Macioce, una studiosa nota per la passione, la tenacia e la serietà con cui opera, tanto nell'impegno didattico all'università di Roma, quanto nel lavoro di ricerca e di acquisizione di fonti documentarie spesso risultate essenziali per lo studio della pittura del Seicento. In questo volume, realizzato anche grazie al fattivo contributo di alcuni giovani studiosi, quali Jacopo Curzietti e Immacolata Agnoli, sono stati 'catalogati' oltre 1100 documenti che, in modo diretto o indiretto, riepilogano le vicende che hanno interessato il Caravaggio ancor prima della sua stessa nascita, a partire dalle notizie che riguardano la sua famiglia. Se per curiosità ci fermiamo subito sul primo documento, vediamo infatti che riguarda il nonno materno dell'artista, Giovan Giacomo Aratori (com'è noto, il padre di Caravaggio, Fermo Merisi, aveva sposato, in seconde nozze, Lucia Aratori) chiamato in causa in qualità di 'agrimensore' del Comune di Caravaggio per la misurazione di alcune 'pertiche' di terreno. Non tutti sanno che è tuttora fonte di polemiche tra gli studiosi, la questione del rapporto intercorso tra la famiglia dell'artista e i nobili Sforza Colonna, signori del feudo, e protettori (soprattutto la marchesa Costanza) del Caravaggio. Il primo biografo dell'artista, Giulio Mancini, medico personale di Papa Urbano VIII Barberini (fig. 2) oltre che storico e collezionista, riporta la notizia dell'appartenenza del Caravaggio alla piccola nobiltà locale, parlando di suo padre, Fermo Merisi, quale 'maestro di casa' dei marchesi nonché loro 'architecto'. In verità, oggi queste note rischiano una clamorosa smentita, se si deve credere a quanto pubblicato di recente da Giacomo Berra, peraltro sulla scorta di una poderosa documentazione (meritoriamente riportata nel volume della Macioce). Il Mancini infatti avrebbe “sovrapposto” il ruolo di Giovan Giacomo Aratori a quello di Fermo Merisi, la cui professione di semplice “muratore” sarebbe quindi stata nobilitata allo scopo di 'nobilitare' in qualche modo anche la figura del figlio artista. Non è l'unica 'svista', se così si può dire, che oggi gli studiosi imputano al biografo senese. Basti pensare al 'mistero' della tragica morte di Caravaggio, che Mancini in un primo momento aveva situato a Civitavecchia, per poi correggersi; il 'mistero' si è riproposto recentemente in seguito alla inverosimile 'scoperta' dei resti del Merisi (non avendo avuto eredi né suoi né di consanguinei diretti, non si capisce quale DNA possa essere stato preso in esame per comparazione), che ha dato agio ad alcuni studiosi di riconsiderare l'enigma che accompagnerebbe gli ultimi momenti di vita del Caravaggio: la versione più accreditata -ma da ultimo rimessa in discussione da Vincenzo Pacelli- è che da Palo egli sarebbe giunto all'approdo toscano di Porto Ercole, per poi raggiungere Roma, dove contava di ottenere la grazia papale. Queste circostanze sono state ultimamente confermate da Maurizio Marini, in un saggio molto polemico nei confronti dei molti improvvisati 'caravaggisti' spuntati in occasione della ricorrenza della morte del Merisi, scritto come introduzione al volume di Giuseppe Li Fauci Caravaggio, ultimo atto (fig. 3) un volume snello ma ricco di notizie frutto di un'indagine accurata e serrata, che consigliamo di leggere come contributo quanto meno verosimile sugli ultimi giorni dell'artista. Va da sé che in questo rincorrersi di giudizi e ricostruzioni, alcune del tutto ipotetiche, il documentatissimo volume della Macioce appare essenziale per qualsivoglia verifica e valutazione. E resta tale anche dopo che la stessa studiosa ha dovuto prendere atto di un recentissimo clamoroso ritrovamento all'Archivio di Stato di Roma, che sposterebbe (il condizionale è d'obbligo) al 1595 l'arrivo nella capitale del Merisi, al contrario di quanto si era creduto finora, sulla scorta dei documenti che facevano risalire al maggio (o luglio) del 1592 la sua presenza in città. Non si tratta evidentemente di questioni trascurabili, al contrario: se pensiamo che nella prima edizione del volume della Macioce, comparissero 'solo' più di 400 documenti che ora, come dicevamo, sono divenuti 1100, possiamo capire quanto sia stato gravoso oltre che meritevole il lavoro della studiosa e soprattutto quanto la ricerca abbia progredito, contribuendo ad arricchire il discorso: basti pensare che solo da poco è stato documentato in modo certo, grazie al ritrovamento dell'atto di battesimo (fig. 4), che Caravaggio nacque a Milano e non nel borgo bergamasco, il 29 settembre (giorno in cui ricorre la festività di san Michele Arcangelo, da cui, con ogni probabilità, la scelta del nome) del 1571. Ecco un libro, dunque, che fa giustizia delle idee di quanti, valutando pressoché esclusivamente il dato stilistico (e spesso erroneamente), pensano che lo studio della pittura possa essere approcciato mantenendo in secondo piano la ricerca e l'analisi documentaria. D'altra parte questa impostazione si riscontra in modo marcato anche nell'altra recente pubblicazione di grande rilievo che è doveroso consigliare per la notevole mole di contributi che contiene e che certamente è destinata a divenire un punto fermo basilare per chiunque voglia studiare e approfondire questi affascinanti argomenti; parliamo de I Caravaggeschi. Percorsi e protagonisti, (fig. 4) appena uscita in due volumi per i tipi di Skira, con la cura di Alessandro Zuccari. E non è un caso, se consideriamo che tanto Zuccari quanto Stefania Macioce, sono due eminenti storici dell'arte cresciuti alla feconda scuola di Maurizio Calvesi. Se è vero che molte delle questioni riguardanti il mondo del caravaggismo, se così si può dire, sono da tempo oggetto di studio, vale rimarcare, in questo colossale lavoro che Zuccari ha coordinato e brillantemente curato, il nuovo atteggiamento che traspare dalle scelte metodologiche che lo studioso ha messo in atto, evidenziando a nostro parere un'idea della critica artistica del tutto condivisibile, che impone di riconsiderare il proprio comportamento di fronte alle questioni che spesso l'analisi del lavoro di un artista propone (e che nel caso di Caravaggio abbondano, ma il discorso vale in generale: si pensi a come definire le attribuzioni, le repliche, le copie ecc). Nella Presentazione, lo studioso chiarisce il criterio di metodo che ha sovrinteso alla monumentale opera, partendo dalla disamina “delle fonti archivistiche e letterarie, della nutritissima produzione critica, e naturalmente delle opere” di tutti quegli artisti influenzati dallo stile caravaggesco, ma fuori da quella che il Mancini aveva considerata la sua 'schola', costituita da Bartolomeo Manfredi, Jusepe de Ribera, Giovanni Antonio Galli (lo Spadarino), Cecco del Caravaggio, e -in parte- Carlo Saraceni. Come chiarisce ancora Zuccari “era necessario distinguere i caravaggeschi della prima e seconda generazione, dai pittori che dal quarto decennio del secolo avevano attinto alla lezione del maestro lombardo...” ponendo sotto osservazione, in particolare, i primi tre decenni del Seicento, ritenuti, non a caso, “gli anni 'forti' del caravaggismo”. Ne è scaturita un'indagine acuta ed intelligente per aree geografiche che si affianca a quella sui singoli artisti e che si estende per la prima volta anche a territori che non erano ancora stati presi in esame secondo questa logica (ad esempio l'area veneta e marchigiana, per non dire dei territori di lingua tedesca). Il risultato è davvero eclatante; siamo infatti di fronte ad un'analisi completa ed esaustiva del movimento caravaggesco nazionale ed internazionale che, proprio in forza del taglio metodologico adottato, oltre che, naturalmente degli aggiornamenti nel frattempo intervenuti, va ben oltre la caratteristica del 'repertorio', tipica del pur meritorio (ma ormai datato) lavoro di Benedict Nicholson e Luisa Vertova su Il Movimento caravaggesco Internazionale). Non a caso, una parte non trascurabile del lavoro è dedicata all'attività di pittori solitamente non compresi nella selezione dei caravaggeschi, a causa, come scrive Zuccari, del “loro parziale o defilato accostamento alla lezione del Merisi”. Assai significativo, sotto questo punto di vista, è il caso dei contributi sulla Spagna -di Maurizio Marini- e sull'area napoletana -di Nicola Spinosa- che hanno consentito di esaminare sotto una nuova luce, quanto possa essere stato avvertito il richiamo dell'arte del Merisi su artisti della stregua di Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro, Paolo Finoglio, Filippo Vitale, o, ancora, Pedro Orrente, Juan Baptista Maino, Luis Tristan, Francisco Ribalta, per non dire di due geni quali Velasquez o Zurbaran. La pubblicazione inizia con un acuto originale saggio sulla “Nascita della mentalità caravaggesca” di Claudio Strinati, al quale peraltro, è bene ricordarlo, va il merito tanto dell'idea di questo libro, quanto dell'individuazione di quelle iniziative che, a partire dalla mostra alle scuderie del Quirinale, avrebbero dovuto oltre che divulgare approfondire il lavoro del Caravaggio, nel quattrocentenario della morte dell''artista. Si articola in due volumi; nel primo I Percorsi (fig.5), sono analizzati da studiosi di primo piano; oltre ai già citati Marini e Spinosa, compaiono Abbate, Bona Castellotti, Terzaghi, Pizzorusso, Brejon de Lavergnee, Borroero, Arcangeli, Boldriga, Treffers ed altri ancora, con contributi che analizzano quanto sia stato determinante il 'messaggio' rivoluzionario dell'artista dopo la sua fuga da Roma nel 1606, e come esso si sia espanso progressivamente dal meridione d'Italia, a Genova, nel resto del settentrione e nella Toscana, sia pure con differenti alternative, per allargarsi poi anche all'estero, dai paesi mediterranei fino ai Paesi Bassi e perfino in Inghilterra (vedi il saggio di Jeremy Woods, Caravaggio and the Britishes) Il secondo volume I Protagonisti (fig.6) è dedicato invece all'analisi della vita e delle opere di cinquantuno artisti, classificati come “seguaci ed emuli in Italia ed in Europa”, dei quali viene ripercorsa la vicenda critica da studiosi assai e prestigiosi, tra cui Keith Christiansen, Wolgang Prohaska, Annick Lemoine, Paola Bassani Patch, Silvia Danesi Squarzina, Maria Giulia Aurigemma, Francesca Cappelletti, Loredana Lorizzo, Federica Gasparrini, Laura Testa, Rossella Vodret, Caterina Volpi, Stefano Causa, Filippo Maria Ferro, Marco Gallo, Marco Pupillo, ed altri ancora. Il ricchissimo repertorio fotografico che correda entrambi i volumi, e la poderosa bibliografia, aggiornata alle voci più recenti (più di 2200 voci), fanno dell'opera curata da Alessandro Zuccari un testo imprescindibile per la comprensione e di studio del fenomeno del 'caravaggismo'.
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