Il cane tra storia, arte e fedeltà (3°puntata)
Il cane tra Seicento e Settecento - Una novità che compare in Inghilterra durante il regno di Elisabetta è la corsa dei cani con relative scommesse. Essa favorirà la selezione di una razza dalle caratteristiche adatte alla velocità, anche se meno elegante degli aristocratici levrieri, padroni delle battute di caccia, che lentamente tendono a scemare, soprattutto verso le prede di maggiori dimensioni.
Cominciano a divenire frequenti cani di taglia sempre più piccola, agghindati dalle vezzose proprietarie con fiocchi, nastrini colorati ed a volte anche preziosi gioielli. Nello stesso tempo compaiono, immortalati nelle tele di giganti della pittura, anche enormi esemplari, apparentemente mansueti, come la femmina di mastino (fig. 2) in compagnia del nano di corte don Antonio, detto l’inglese, attribuita al Velazquez o il bestione(fig. 2) che il pennello di Van Dick ritrae assieme ai figli di Carlo I. Anche la letteratura si interessa dei cani ed un filosofo Justus Lipsius dedica ad essi un vero trattato, con accurate descrizioni di ogni razza, divenute oramai numerose come si evince in un celebre quadro (fig. 3) di scuola fiamminga, dove una cameriera porta a passeggio quelli del suo padrone, puntigliosamente indicati sulla tela o in uno studio di Jan Brueghel il vecchio (fig. 4), conservato a Vienna. Rembrandt non avrà ritegno di rappresentare il fedele amico dell’uomo nell’espletamento di un suo improcrastinabile bisogno fisiologico (fig. 5) quasi a sottolinearne la spontaneità e la mancanza di ipocrisia. Molti pittori infilano il proprio cane nei quadri che eseguono, tra questi Pacecco De Rosa, il quale fa comparire il muso del suo dalmata (fig. 6) in molte composizione, al punto che la critica più avvertita è in grado di valutarne l’autografia riconoscendone la presenza. Anche il sommo Caravaggio porrà nell’unico suo affresco, nel casino Boncompagni Ludovisi, un grintoso Cerbero a guardia dei suoi genitali (fig. 7), esposti con nonchalance, pur se nelle vesti (si fa per dire) di una divinità. Ed il celebre cane è presente anche in uno dei capolavori assoluti della scultura, il Ratto di Proserpina (fig. 8) del Bernini, dove, con le sue tre teste dalle fauci spalancate, latra ad aumentare la violenza del rapimento scolpito nel marmo. Ed infine tra i vertici della pittura profana del Seicento vi è la Caccia di Diana (fig. 9) eseguita dal Domenichino e conservata alla Galleria Borghese, nel quale, in un panorama bucolico reso scintillante dai corpi ignudi di focose fanciulle, si sottolinea il contrasto di carattere tra due levrieri, uno mansueto intento ad abbeverarsi, mentre il compagno, più feroce, a stento viene trattenuto nella sua irruenza da una robusta ninfa. Il Settecento è secolo frivolo e mondano per eccellenza ed anche ai cani vengono riservate particolari attenzioni: cucce imbottite, vestiti vezzosi, oltre naturalmente a ripetute carezze e bocconcini prelibati. Hogarth, tra i massimi esponenti della pittura inglese, è un amante dei pugs, destinati ad avere grande diffusione e Trump, il suo preferito viene ritratto al fianco del padrone (fig. 10) Poiché un critico ebbe l’ardire di dichiarare che il dipinto non gli piaceva, Hogarth in un’altra sua tela raffigurò Trump mentre ingialliva di pipì le pagine di un volume dell’impertinente stroncatore. Uno specialista di fama Jean Baptiste Oudry, pittore alla corte di Luigi XV, ritrae i cani della nobiltà(fig. 11), umanizzando nelle sue rappresentazioni le fattezze di quegli splendidi esemplari che possedevano tutti un nome, a volte altisonante e si distinguevano per carattere ed abitudini. Viene dedicata grande attenzione alla toilette ed alla passeggiata quotidiana, per la quale è delegato un “canettiere”, una sorta di dog sitter ante litteram, impegnato nella cura e nell’addestramento. Sorgono anche dei canili dotati di ogni confort e di ampi spazi, come si evince da questo progetto(fig.12) dovuto alla penna di un celebre architetto. Nello stesso tempo sorgono sontuosi monumenti funerari con esplicative epigrafi (fig. 13) a rinvangare il desiderio di immortalità esteso a tutti i viventi ed il legame indissolubile tra l’uomo ed il suo fedele amico. Una vera rivoluzione rispetto alla rappresentazione nelle tombe medioevali, dove il cane vegliava sul sonno eterno del padrone, mentre ora è un omaggio dell’uomo verso il compagno di tante ore liete trascorse assieme. La letteratura scientifica dedica quasi un’ode alla razza canina attraverso le parole del celebre naturalista Georges Buffon, che nelle pagine della sua monumentale Histoire Naturelle gli attribuisce “ tutte le qualità interiori che possono attrarre lo sguardo dell’uomo”. Anche il Parini ci ha lasciato sull’argomento una spiritosa satira dedicata ad una dispettosa cagnetta di una famiglia nobile ed altezzosa. Tra le vette dell’arte vi è la movimentata composizione scultorea eseguita da Paolo Persico e Tommaso Solari nei giardini del Palazzo Reale di Caserta dedicata alla leggenda di Atteone trasformato in cervo e divorato dai suoi cani (fig. 14), reo di aver ammirato le splendide fattezze di Diana mentre faceva il bagno nudo con le sue ninfe, anche loro rigorosamente nature. Reynolds, celebre ritrattista, in grado con un’acuta introspezione psicologica di indagare la personalità dei soggetti raffigurati, in questo allegro dipinto seppe cogliere il rapporto affettuoso tra una bambina ed il suo cucciolone (fig. 15). Alle scattanti masse muscolari degli esemplari da caccia, gli artisti del Settecento prediligono i batuffoli pelosi ed intriganti, compagni di delizie di damine leziose e scollacciate nel segreto delle loro alcove. Boucher e Fragonard si affacciano incuriositi tra i boudoir e fissano sulla tela i giochi maliziosi tra cagnetti infiocchettati e dalla lingua agile e penetrante e fanciulle discinte e giocherellone. L’icona incontrastata di questa complicità è offerta dalla Gimblette (fig. 16) di Honorè Fragonard dove un cagnolino si intrattiene piacevolmente con una padroncina audace con le gambe all’aria ed il seno scoperto in giochi voluttuosi ed inconfessabili. Achille della Ragione
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